Trasparenza retributiva. Per un Hr su due più opportunità che rischi.


Uno degli ambiti in cui la discriminazione retributiva è più lampante è il divario di retribuzione tra donne e uomini e la nuova direttiva europea sulla trasparenza salariale, da recepire entro giugno 2026, punta finalmente a colmarlo.

 La norma impone alle aziende di rendere pubblici e comparabili i livelli retributivi, così da rendere visibili – e correggibili – eventuali disuguaglianze tra lavori di pari valore , favorendo una maggiore equità all’interno dei luoghi di lavoro anche e non solo in un’ ottica di genere.

 In Italia il tema è già al centro del confronto tra imprese e professionisti delle risorse umane. A fotografare la situazione è l’indagine del Centro Ricerche Aidp (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) a cui hanno risposto 600 direttori del personale.

Dalla ricerca emerge un quadro complesso, ma tendenzialmente positivo: la direttiva è percepita più come un’occasione per migliorare i modelli di equità e meritocrazia che come un semplice adempimento burocratico.

Il 92% dei direttori del personale dichiara di conoscere la direttiva europea, e oltre il 43% ha già predisposto un piano operativo sulla trasparenza salariale. Quasi la metà delle aziende (49%) ha iniziato ad applicare, in tutto o in parte, gli adempimenti previsti. Sul concetto di “lavoro di pari valore”, il 59% dei manager ritiene che la definizione contenuta nella direttiva sia chiara e adeguata, mentre il 41% la considera ancora poco comprensibile. Per oltre il 55% dei rispondenti, per stabilire se due lavori abbiano pari valore, andrebbero aggiornate le declaratorie delle mansioni nei contratti collettivi, affidando questo compito alle parti sociali. Un 37%, invece, dichiara che nella propria azienda si è già provveduto autonomamente, creando un mansionario specifico.

L’indagine ha identificato suggerimenti cruciali per il legislatore italiano al fine di supportare l’attuazione di questa direttiva, tra cui la definizione di linee guida chiare, il coinvolgimento delle parti sociali, il supporto alle imprese nella fase di implementazione, l’introduzione di incentivi economici e sgravi fiscali oltre ad un implementazione graduale e flessibile, allo scopo di ridurre i rischi conflittuali e  favorire un passaggio concreto e reale dall’astrazione della norma alla realtà del sistema imprese – lavoro.

Non a caso gli Hr manager mettono in conto di dover affrontare e superare una serie di difficoltà sul piano operativo, tra questi il 52 per cento prevede criticità nella  gestione del clima aziendale dopo la comunicazione ai dipendenti delle fasce retributive (52%) mentre il 45 per cento ritiene ardua la definizione di criteri oggettivi, neutri e non discriminatori su cui fondare i sistemi retributivi.

Gran parte degli HR sono convinti che la direttiva  sia un’occasione per migliorare la gestione delle risorse umane. Oltre il 43% dei direttori hr sottolinea un impatto positivo sui sistemi di meritocrazia, il 32% evidenzia una maggiore attrattività dell’azienda nel mercato del lavoro, e il 26% segnala benefici nei processi di promozione e avanzamento di carriera. In generale, per il 47% dei professionisti hr la direttiva rappresenta un’opportunità per migliorare l’equità sul posto di lavoro, mentre solo il 20% la considera una fonte di complessità e rischi superiori ai benefici. Il restante 32% non ha ancora un’opinione definita.

Sul fronte dei processi interni, per molti direttori del personale, l’adozione della direttiva richiederà una revisione strutturale dei sistemi di valutazione, retribuzione e comunicazione interna, ma anche un forte impegno in termini di formazione e accompagnamento culturale.  

La trasparenza retributiva, osserva l’ Associazione Italiana dei Direttori del Personale , non è solo un obbligo di legge, ma uno specchio che riflette la qualità delle relazioni di fiducia e potere dentro le organizzazioni.

Se la legge impone di rendere visibili i numeri, la sfida vera sarà trasformare quella visibilità in una cultura della parità e della meritocrazia, capace di durare nel tempo e di rendere le imprese più giuste, attrattive e sostenibili con indiscutibili vantaggi reputazionali.

WST Law & Tax



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